Foto di Katya Moskalyuk
Daryna vive a Kyiv, nel rione Solomianskyi. Nella vita anteguerra, è istruttrice di ginnastica, e anche fa motociclismo e insegna a guidare la moto. Il 23 febbraio è stata al lavoro ed è andata a passeggiare con il suo ragazzo nel parco, invece il 24 febbraio hanno lasciato di corsa la città . Ricorda: “Mi sono svegliata, ho visto la notizia e mi sono preparata proprio in un’ora. Non ho sentito una sirena in casa. Li ho già sentiti a Leopoli”. La sua moto è rimasta a Kyiv.
La strada da Kiev a Leopoli, percorribile in cinque o sei ore di macchina in tempo di pace, durava un giorno e mezzo perché tutto era bloccato. Abbiamo passato la notte alla stazione di servizio. E siccome ora i ragazzi non hanno permesso di uscire all’estero, hanno deciso di rimanere a Leopoli. Abbiamo passato le prime due notti in macchina. Poi i genitori di Daryna le hanno mandato il fratello ancora più piccolo, lui ha 15 anni. Adesso vivono tutti insieme in un rifugio.
Lasciando Kyiv, Daryna è riuscita a portare gli abiti invernali, uno spazzolino da denti e documenti. Dice che non ha preparato specificamente uno zaino di salvataggio, ma a casa tutto è sempre in ordine.
“Non avevo paura di partire, ma ero preoccupato per i miei genitori, perché sono rimasti a Kyiv e non volevano essere evacuati. È scomodo e doloroso per loro”.
Ora la giornata di Daryna ha questa agenda: lei si siede in un rifugio, segue le notizie, esce a fare una passeggiata. In rifugio, c’è cibo e prodotti per l’igiene. C’è l’acqua calda, doccia, e i servizi igienici.
Il piano per il prossimo futuro è cosi. Il ragazzo di Daryna rimane a Leopoli e lavora, e lei e suo fratello vanno all’estero.
“Ho speso gli ultimi soldi per un biglietto, ora ho solo i costi per l’acqua,” dice la ragazza. “Adesso cerco di non agitarmi troppo, di non leggere le notizie senza sosta, di non perdermi d’animo. Sogno, non sogno nemmeno, ma voglio che questo semplicemente finisca e che tutti siano vivi e sani. Voglio che tutti stiano insieme e si tengano l’un l’altro”.